Pineider magazine

Ripartono i corsi di bella grafia nelle boutique di Pineider. Un’occasione per riscoprire il piacere dimenticato di un gesto antico ed eversivo: scrivere a mano.

«Nell’era digitale, carta e penna preservano la fragile bellezza di tutto ciò che non è replicabile. L’inclinazione delle “l”, gli arzigogoli delle “g”, le sbavature d’inchiostro, la distanza tra le parole. Ecco le impronte digitali della personalità umana». Con queste parole, tratte dal Manifesto di Pineider, lo scrittore Enrico Dal Buono ha cristallizzato l’essenza della scrittura a mano, un «regno delle singolarità uniche ed irripetibili» dove «scrivere un semplice biglietto diventa un gesto eversivo, una rivendicazione di unicità. Impugnando una penna ci esponiamo al rischio della perdita, ci votiamo alla certezza del mai più. E questa decisione, che si ribella al meccanismo della serialità, corrisponde all’autentico lusso».

Un lusso che ogni anno prende vita nei workshop di scrittura a mano organizzati da Pineider presso le sue boutique di Milano, Firenze e Londra. A partire da fine settembre, infatti, ripartono i corsi dedicati a chi vuole re-imparare a scrivere o più semplicemente godersi il piacere d’impugnare una penna. Eloisa Libera, docente di handwriting e partner di questa iniziativa nei corsi della boutique milanese, preferisce la parola “bella grafia” a “calligrafia”. Eloisa è la fondatrice di Lettera E, uno studio grafico dedicato alla sua più grande passione, nella quale ha scommesso il suo passato di designer di prodotto e impegnato un futuro tutto da scoprire: «Lavoravo in una piccola agenzia, dove ero spesso in contatto con il mondo della grafica», racconta Eloisa. «Ero molto attirata dal mondo dei font ed ero incuriosita dalle origini del disegno di ogni lettera, così ho scoperto il mondo della calligrafia e me ne sono innamorata, a tal punto da mollare tutto e buttarmici a capofitto». Quello di Eloisa è stato un percorso atipico: «dai font al lettering, per approvare alla calligrafia. Di solito succede l’opposto, ma fortunatamente mi è andata bene. Mi sono buttata in una cosa di cui era difficile vedere il futuro, e ho fatto della mia passione il mio lavoro».

 

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