C’è un legame intimo tra scrittura e corpo, tra pensiero e gesto. Marco Missiroli, scrittore pluripremiato e voce raffinata della narrativa contemporanea, lo sa bene: “Scrivere a mano attiva una parte diversa del cervello, quella che pensa in modo narrativo, quella che sente.”
La scrittura manuale non è solo uno strumento: è un luogo. Un luogo dove la fatica del polso, l’errore, la cancellatura non sono difetti, ma tracce di umanità. “La scrittura a mano è anche errore fisico. Non quello della sintassi, ma quello della stanchezza. È lì che la scrittura diventa autentica, viva.”
Ma come ogni rituale, anche questo richiede i suoi strumenti. “Una mia ossessione,” confida Missiroli, “è la qualità della carta. Una carta buona, una penna buona alleggeriscono la fatica. Pineider, in questo senso, rende tutto più semplice. La scrittura diventa un gesto fluido, persino più naturale di quella al computer.”
Missiroli scrive i suoi romanzi a mano, ma non si tratta solo di una prima bozza: “La scrittura a mano mette ordine nei pensieri. Uso tanti colori, segno, sottolineo. È un momento formativo, quasi materico, che prepara e sostiene il testo che poi verrà battuto al computer.”
Non si tratta solo di appunti. Nei suoi taccuini c’è il cuore stesso del romanzo: “Li uso per sostenere la struttura sentimentale della storia. Quando il cuore rischia di non formarsi o di perdersi, è lì che torno.”
Come ogni scrittore, anche Missiroli ha i suoi rituali. Tre taccuini sempre con sé: uno per gli appuntamenti, uno per gli schizzi – perché dipinge – e un terzo, ibrido e prezioso, firmato Pineider, che accompagna la scrittura e la creatività trasversale. A casa, confessa, ne ha molti di più. Ma non tutti sopravvivono: “Molti li brucio. Dentro ci sono cose inconfessabili. Se un giorno dovessero trovarli…”
E allora, nel giorno della “Fogheraccia” – il 19 marzo, quando a Rimini si celebra l’equinozio con grandi falò – Missiroli getta tra le fiamme pagine e segreti, in un gesto antico e liberatorio che dà spazio alla primavera e alla rinascita. Perché scrivere a mano, dopotutto, è anche questo: un modo per lasciare andare, e per iniziare di nuovo.