La domanda è antica: l’abito fa il monaco?
No. Eppure, nei contesti professionali o formali ciò che indossiamo incide sulla percezione immediata. Non per superficialità, ma perché il dress code è uno dei modi più rapidi con cui si decodifica un ambiente.
La collaborazione tra Pineider e Italian Etiquette Society nasce da questa evidenza: la forma, in ogni sua declinazione, è un gesto di chiarezza. Pineider lo esprime da sempre attraverso carta, pelle e accessori pensati per accompagnare il lavoro e lo stile quotidiano. Riflettere sul dress code significa estendere lo stesso principio alla presenza personale.
Il workshop guidato da Elisa Motterle ha affrontato questo tema con un piglio pratico e contemporaneo. Non un insieme di regole, ma un metodo per leggere i codici — dichiarati e impliciti — e imparare a interpretarli, senza mai smentire la propria individualità.
Le incertezze più frequenti riguardano situazioni comuni: colloqui, riunioni importanti, eventi di networking, cene istituzionali. Occasioni in cui ogni dettaglio pesa. I dress code principali — dal business formal alle versioni più attuali del business casual — sono stati analizzati attraverso variabili decisive: struttura dei capi, pulizia delle linee, palette cromatiche, materiali.
L’obiettivo non è aspirare alla perfezione, ma costruire consapevolezza: evitare errori che indeboliscono l’autorevolezza e valorizzare la propria presenza con scelte misurate. Il dress code, se compreso con intelligenza, diventa uno strumento di sicurezza: permette di entrare in un ambiente con maggiore equilibrio e tranquillità.
Nella cornice Pineider, questo principio è apparso evidente: la forma non sostituisce la sostanza, ma la valorizza. Il workshop del 22 novembre è stato un momento pensato per offrire strumenti concreti e immediatamente applicabili, utili a presentarsi con chiarezza e coerenza nelle situazioni che contano.
Una competenza semplice, ma capace di fare la differenza.