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Si usa il termine minuscola cancelleresca per descrivere quella scrittura, a cavallo tra la fine del XIII e l’inizio del XIV sec., che fu utilizzata all’interno degli organi di cancelleria per la redazione di documenti ufficiali, manifestazioni della volontà di sovrani, imperatori, papi e vescovi.

La minuscola cancelleresca nasce in seno alla lettera minuta corsiva (Casamassima), una invenzione italiana di scrittura diplomatica molto famosa e apprezzata in tutta Europa.

Con la diffusione di un sistema scolastico privato e laico, la minuscola cancelleresca diventa il simbolo della classe notarile colta e viene utilizzata per la stesura di testi in lingua volgare come cronache cittadine o componimenti poetici.

Mentre i testi ecclesiastici o universitari continuano a prediligere la gotica, i più antichi testi letterari italiani di cui abbiamo testimonianza sono vergati in minuscola cancelleresca, tra cui almeno quaranta codici di testi di Dante Alighieri e il Canzoniere Chigiano della lirica italiana.

Petrarca contribuirà al superamento della scrittura gotica in Italia facendosi portavoce, assieme a Boccaccio, di un nuovo stile di scrittura basato sul recupero dell’ “antico”.

I testi di Petrarca sono dunque vergati in minuscola cancelleresca, una scrittura elegante, con poche legature e abbreviazioni e quindi molto leggibile, dal contrasto delicato e da un’ampia interlinea.

Successivamente l’autore elaborò una forma di scrittura, di cui per molto tempo gli fu attribuita l’invenzione, che oggi noi chiamiamo «semigotica». Questa contribuirà in maniera significativa alla diffusione della cultura classica e alla nascita del Rinascimento fiorentino.

La littera minuta corsiva

Tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII si assiste ad una trasformazione grafica della minuscola carolina (la scrittura di riferimento del regno di Carlo Magno) che sfocerà nella nascita della littera minuta corsiva.

La richiesta di produzione dei documenti con il sorgere dei nuovi stati nazionali e regionali è aumentata esponenzialmente e ciò fa sì che il ruolo del notaio occupi un posto di fondamentale importanza all’interno della società medievale.

La pergamena, molto costosa e utilizzata specialmente per la stesura di libri, viene lasciata indietro a favore della più economica carta, ottimo supporto per la stesura preliminare dei documenti. Anche la usualizzazione della scrittura notarile, la varietà del registro di imbreviature e soprattutto la diffusione della letteratura volgare contribuiscono allo sviluppo di questa nuova scrittura.

La littera minuta corsiva è una scrittura dalla spiccata rotondità che sviluppa legamenti tra lettere con un movimento inverso, detto antiorario o “sinistrogiro” (Costamagna). Questo movimento innovativo della mano è opposto al movimento che aveva caratterizzato fino a quel momento le corsive di stampo romano, le quali terminavano il loro tracciamento «con un tratto in alto o al centro movente verso destra» e «quasi tutte lo aprono generalmente con un movimento dal basso verso l’alto».

La lettera minuta corsiva si caratterizza anche per la presenza di numerosi “uncini” nei tratti di entrata e di uscita delle singole lettere, per il prolungamento verso il basso dell’ultimo tratto di i, m, e n quando si trovano in fine parola, per la presenza di figure eseguite in un unico tratto per velocità di esecuzione, come la a di tipo corsivo (preferita a quella di tipo onciale), infine per il raddoppiamento del tratto verticale di f, p e s.

A causa dei frequenti spostamenti del personale di cancelleria nel basso medioevo non è possibile accertare una condivisione di un unico modello di scrittura nella stesura dei documenti, ma possiamo affermare che la minuta corsiva comincia in quegli anni a diffondersi in tutti gli organi di cancelleria, specialmente quelli pontifici (Alessandro III, Innocenzo III, Onorio II) e imperiali (registri di Federico II).

Nel corso del XIII secolo la minuta corsiva si estende anche agli uffici comunali e podestarili. Le aste da verticali cominciano ad inclinarsi verso sinistra e ad allungarsi rispetto al corpo centrale delle lettere in un rapporto di 3:1. L’uncino delle aste ascendenti e discendenti si allunga e si schiaccia sempre di più, anticipando quello che diventerà poi il tipico cappio “a bandiera” della minuscola cancelleresca. Si abbandona del tutto la scriptio continua, cioè la scrittura che non presenta separazione tra le parole, a favore di una maggiore leggibilità, accentuandone le varianti di lettera a fine e a inizio parola (ad esempio le due s) e evitando il più possibile le abbreviazioni.

Si nota in generale in questo tipo di scrittura, nonostante presenti una spiccata rotondità, un certo gusto gotico, tipico del tempo e caratterizzato da movimenti spezzati. La penna utilizzata per tracciare la minuta corsiva è la medesima punta tronca della gotica textualis, con cui condivide anche il chiaroscuro (la differenza di spessore tra tratti spessi e fini) e le curve spezzate e ovali piuttosto che tonde e regolari.

La minuscola cancelleresca

A fine del XIII sec. la minuta corsiva acquisisce la sua forma più matura e diventa la scrittura ufficiale delle cancellerie Pontificie (una fra tutti, quella di Bonifacio VIII). Agli inizi del XIV sec. si comincia a parlare finalmente di una vera e propria cancelleresca italiana, la scrittura più adottata per la stesura dei documenti (sia codici d’uso che testi in volgare), delle epistole e dei documenti comunali prodotti dalle nuove classi sociali quali notai, giudici e mercanti (i quali svilupperanno in seguito una vera e propria scrittura di classe, la mercantesca). Francesco Petrarca stesso ne fa uso nel suo codice preparatorio ai Rerum vulgarium fragmenta.

 

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