Pineider magazine

Scrittore, saggista e critico letterario, Alessandro Piperno è una delle voci più autorevoli della narrativa italiana contemporanea. Vincitore del Premio Strega e direttore editoriale dei Meridiani Mondadori, ha fatto della letteratura una forma di esplorazione intima e analitica, tra rigore stilistico e passione per il dettaglio. Nei corsi di scrittura dell’Accademia Molly Bloom – ospitati nella nostra boutique di Milano – Piperno condivide la sua esperienza di romanziere, portando in aula la complessità della creazione narrativa e l’amore per i grandi classici. In questa conversazione, ci racconta Tolstoj, la bellezza dell’“oggetto libro” e il feticismo della carta, tra memorie personali e riflessioni sul senso profondo della lettura.

Qual è il tuo contributo in questo corso di narrativa?

Il mio tentativo è quello di illustrare alle persone che mi ascolteranno le difficoltà che incontra uno scrittore ogni volta che deve allestire un romanzo pieno di personaggi.
Per fare questo sfrutterò quello che molti, tra cui il sottoscritto, considerano forse il romanzo più bello mai scritto: Anna Karenina di Tolstoj. In quel libro ci sono tre coppie di personaggi e Tolstoj organizza quasi una sorta di danza assolutamente affascinante, attraverso la quale riesce a presentare l’uno e l’altro senza nessun calo di energia. È quasi una forma miracolosa. E questo lo fa attraverso un gioco di sguardi, un gioco di occhi: ciascun personaggio viene introdotto da un personaggio che noi conosciamo già. Questo dà un senso di incredibile naturalezza. Ecco, questa dovrebbe essere la mia lezione oggi.

E qual è il motivo per cui sei così innamorato di questo romanzo?

Perché credo sia uno dei vertici della narrativa mondiale. Ha tutti gli ingredienti giusti di un romanzo tragico. È pieno di colpi di genio, ma il primo è che Anna Karenina è un romanzo tragico che inizia con un tono da commedia, in qualche modo. E poi, pian piano, quando abbiamo finalmente tutti i personaggi allestiti, vediamo affacciarsi sullo sfondo due storie d’amore completamente antitetiche. Una è la storia di passione tra Anna e Vronskij. L’altra è la storia più virtuosa, più autenticamente romantica per Tolstoj, tra Levin e Kitty. Da questo punto di vista è un romanzo “mozartiano”: non c’è un solo passo di noia, è tutto di una ricchezza, di una freschezza straordinarie.
E poi c’è una tecnica narrativa che nel Novecento avrà enorme successo: Tolstoj la inventa senza saperlo. È lo stream of consciousness, che troviamo prima del suicidio di Anna. Lei inizia a pensare, e Tolstoj ci squaderna i suoi pensieri, confusi, pieni di frammenti, di associazioni. Senza dargli un nome, Tolstoj inventa una tecnica che segnerà la letteratura modernista del secolo successivo.

Come direttore editoriale dei Meridiani Mondadori, quanto ritieni importante l’“oggetto libro”, la carta, la matericità della lettura?

Quando ho accettato questo incarico, mi sono ripromesso una cosa: non dimenticare mai che i libri sono oggetti di piacere, e come tali vanno trattati. Un libro deve essere bello, comodo. Parlo proprio dell’oggetto. E ciò che c’è dentro deve essere, al massimo, elegante.
L’idea che un capolavoro dell’umanità venga commentato in modo troppo tecnico mi disturba abbastanza. Credo che, quando pubblichi un classico, dovresti sostenerlo con un apparato paratestuale che sia – se non altrettanto – almeno molto elegante.

C’è un tipo di carta che ami particolarmente?
I Meridiani hanno una carta famosissima: la carta “bibbia”, sottilissima, molto preziosa, che dà una sensazione vagamente ieratica. Come se fosse un vangelo, o una Bibbia di quelle che si trovano nei motel americani. Devo dire che, per molto tempo, ho avuto la tentazione di leggere in digitale – cosa che, per lavoro, faccio ancora. Ma ho la sensazione, e non so spiegare da cosa dipenda, che leggere un romanzo, o anche una raccolta di poesie, su uno strumento diverso dal libro cartaceo sia un’esperienza mutilata. È interessante come, in fondo, il libro sia uno strumento antico ma non obsoleto. Hanno provato in tutti i modi a ucciderlo, e invece è ancora lì. E posso dire, dalla mia esperienza editoriale, che nei ragazzi di oggi c’è un interesse fortissimo per il libro come oggetto. C’è un feticismo autentico, che nella mia generazione non esisteva.

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